giovedì 25 agosto 2011

Trekking


Dopo aver considerato i principi racchiusi nel "manifesto woodvivor" che considero fondamentali ed inalienabili quando si viaggia nella natura, vediamo cosa è il trekking -il modo che scelgo per viaggiare- cosa permette e cosa comporta?
È un'attività svolta visitando zone dove i trasporti nel senso comune del termine non sono disponibili. Gli spostamenti vengono effettuati principalmente spostandosi a piedi. È differente dall'alpinismo o dall'hiking e consiste in giorni passati in autonomia esplorando.

Il termine deriva da una parola africana che significa viaggiare, venne acquisita dal vocabolario inglese per diventare il vocabolo che conosciamo oggi. Negli Stati Uniti viene anche chiamato backpacking facendo riferimento al fatto che il viaggiatore porta con il proprio zaino le risorse che ritiene necessarie per la notte e per la propria sussistenza.



Può consistere nel trascorrere una sola notte o mesi fuori dagli abituali percorsi di rifornimento e per questo può essere organizzato in modo da prevedere il passaggio per luoghi per effettuare rifornimenti. Un viaggio di un giorno senza il trascorrere la notte in autonomia è chiamato day hike. A prescindere dalle definizioni che spesso sono separate da sfumature etimologiche che si perdono nelle traduzioni (soprattutto quelle profane come le mie! ndr) e da interpretazioni date al viaggio stesso, fare trekking comporta il trascorrere del tempo nella natura in autonomia e in condizioni sostanzialmente più spartane del camping. Nelle zone di transito -anche solo stagionale- di un numero considerevole di viaggiatori possono essere previste dalle autorità di controllo locali delle zone di riferimento generalmente per il bivacco ma anche per il campeggio a breve termine organizzando luoghi adatti ad accendere un fuoco e gestirlo in sicurezza e per la raccolta della legna da ardere. Nel caso in cui il percorso porti il viaggiatore lontano dalle zone di principale passaggio questi dovrà scegliere sotto la propria responsabilità il luogo per trascorrere la notte e -in casi eccezionali- per l'accensione di un fuoco.



La maggior parte dei viaggiatori che fanno trekking/backpacking/hiking convengono sulla necessità di ridurre al minimo il segno del proprio passaggio seguendo il motto del low-impact backpacking, il viaggiare a basso impatto: "Leave nothing but footprints. Take nothing but photos. Kill nothing but time. Keep nothing but memories" "che grossolanamente tradotto sarebbe qualcosa tipo: "non lasciare altro che impronte, non prender altro che foto, non ammazzare nulla tranne il tempo, non trattenere altro che i ricordi dell'esperienza".



La motivazione principale che spinge a fare backpacking/trekking è ludica: esplorare luoghi considerati belli, ma che non potrebbero essere raggiunti in altro modo. Un trekker è in grado di attraversare più in profondità zone remote lontano dalle comodità solite a cui è abituata la gente rispetto ad un day-hiker. Inoltre molti viaggi di trekking fatti nei weekend seguono percorsi che per distanza potrebbero essere compiuti in un solo giorno di hiking ma i trekker scelgono di suddividerli in più giorni per passare la notte nella natura.



Le possibilità e i vantaggi portano con se anche degli svantaggi. Prima di tutto il peso del bagaglio e dell'attrezzatura. La maggior parte dei backpacker devono spostarsi molto più lentamente degli hicker, e molto del loro tempo può essere dedicato nel montare, smontare il campo e procurarsi cibo. D'altra parte con la pratica questi tempi morti si riducono tantissimo. Il viaggiatore con zaino a spalla può trovarsi ad affrontare diverse condizioni avverse come il cattivo tempo, percorsi difficili, attraversamento di fiumi e guado di torrenti impetuosi, oltre che animali ostili. Possono ammalarsi o rischiare altre situazioni debilitanti come disidratazione, colpi di calore o ferite. Questi rischi non fanno desistere i trekker che si preparano appropriatamente accettando il rischio.



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